La proiezione
<< Nel senso propriamente psicoanalitico, operazione con cui il soggetto espelle da sé e localizza nell'altro, persona o cosa, delle qualità, dei sentimenti, dei desideri e perfino degli "oggetti", che egli non riconosce o rifiuta in sé. Si tratta di una difesa molto arcaica che è in azione particolarmente nella paranoia, ma anche in modi di pensiero "normali" come la superstizione. >>
(J. Laplanche, J.-B. Pontalis, 1993, Enciclopedia della Psicoanalisi - tomo secondo, Editori Laterza, Roma-Bari)
Altro termine preso molto in adozione dal linguaggio comune e discorsivo. La spiegazione di Laplanche e Pontalis (in realtà molto più articolata) è particolarmente esaustiva. Motivo per cui proporrei la funzione del cinema, come esempio di Psicoanalisi applicata, dove lo spettatore, mettendosi a favore del proiettore nella sala cinematografica, lo "adotta" come strumento per mettere fuori da sé elementi e pensieri non graditi, per così dire. In questo caso il destinatario non è una persona, ma si immagina il gruppo di co-spettatori, come un vasto contenitore in cui veder dissolta la propria angoscia.
Questo spazio è legato idealmente all'omonimo libro di Cesare Musatti. In esso, attraverso una serie di aneddoti, l'autore racconta sé stesso nel suo lavoro di psicoanalista in un modo piacevole e accessibile a tutti. Vorrei poter parlare qui, allo stesso modo, di Psicologia e Psicoanalisi, affinché si eviti di cadere in falsi luoghi comuni.
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